Riapriamo i manicomi!

Quest’anno ricorrono i 41 anni dall’entrata in vigore della Legge Basaglia, una legge rivoluzionaria che ha decretato la chiusura dei manicomi facendo dell’Italia il primo Paese europeo a compiere questa scelta.

Prima di questo provvedimento c’erano i “matti”. La loro follia era da confinare in celle putride e in strutture isolate e fatiscenti. Chi aveva la malattia mentale non era una persona bensì una “cosa”: una cosa da lavare ogni tanto, da vestire. Una cosa da legare. Nient’altro.

Senza contare che in passato l’internamento manicomiale rappresentava un vero e proprio strumento di repressione del dissenso.

Giovanni Basaglia, psichiatra e ispiratore della famosa Legge 180/1978 che porta il suo nome, ha sancito non solo la possibilità di prevenzione, cura e riabilitazione ma soprattutto il rispetto dei diritti umani anche per queste persone, fino ad allora praticamente esclusi.

Veniamo ad oggi. Spesso la cronaca li mostra come vittime di degrado, abbandono o soprusi da parte di individui senza scrupoli. Altre volte invece li vediamo coinvolti in episodi di aggressività verso familiari o ignari passanti che si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato.

E quando accade ciò, scoppia la polemica e di solito si invoca a gran voce la riapertura dei manicomi. <<Cosa aspettiamo a riaprirli?>>.

Davvero la soluzione è tornare indietro?

Eppure i diritti acquisiti di questo genere non dovrebbero mai essere messi in discussione. Piuttosto, in discussione ci dovrebbero finire tutte quelle criticità e vuoti legislativi che rendono la Legge Basaglia una legge incompiuta. Presa in carico piena e globale del paziente, sostegno psicologico alla sua famiglia, maggior coinvolgimento dell’intera società e soprattutto una maggiore azione di sensibilizzazione di queste tematiche, a partire dal mondo della scuola, dovrebbero essere priorità da affrontare quanto prima.

I risultati sarebbero molteplici, ovvero miglioramenti sostanziali del paziente, della sua famiglia e di tutti gli attori coinvolti. La messa in atto di queste azioni consentirebbe, infatti, a ciascuno di migliorare e/o creare legami affettivi significativi, favorire un maggior senso di autoefficacia e potenziare l’autostima personale: in sintesi, sarebbe l’intera società a guadagnarci.

E allora una domanda sorge spontanea: Riapriamo i manicomi… o apriamo la mente?

Dott. Danilo Selvaggio, Psicologo

Articolo apparso su "Fuoriporta" mese luglio-agosto 2019