Il bullismo ai tempi di internet

Il Cyberbullismo è la forma più recente di bullismo: le azioni di prevaricazione e prepotenza vengono agìte con l’uso del telefono e della rete internet, come sms, email, chat, social network.

Questi nuovi strumenti tecnologici da un lato consentono ai bulli di godere della protezione dell’anonimato (es. è possibile creare account multipli con identità false), dall’altro lato rappresentano fattori deresponsabilizzanti in quanto non si è esposti in prima persona ma si agisce “dietro” una tastiera: il bullo sa che sarà difficile scoprire il responsabile dei suoi gesti e quindi si sente meno esposto a sanzioni e punizioni. La vittima si sente estremamente vulnerabile poiché spesso non ha la possibilità di capire chi è realmente il bullo.

Difatti la rete internet consente al bullo di allargare all’infinito il suo pubblico e la vittima può essere continuamente attaccata, non soltanto in contesti circoscritti come la scuola e non soltanto da un unico bullo o gruppo di bulli, in quanto sulla rete internet l’azione “nata” da un bullo può essere colta da altri ed essere replicata infinite volte.

Nel cyberbullismo possiamo distinguere otto diverse tipologie di comportamento:

1) FLAMING: inviare messaggi volgari e aggressivi ad una persona tramite gruppi on-line, e-mail o messaggi; 2) ONLINE HARASSMENT: inviare messaggi offensivi in maniera ripetitiva sempre utilizzando la messaggistica istantanea; 3) CYBER-STALKING: persecuzione attraverso l’invio ripetitivo di minacce; 4) DENIGRATION: pubblicare pettegolezzi, dicerie sulla vittima per danneggiarne la reputazione e isolarla socialmente; 5) MASQUERADE: appropriarsi dell’identità della vittima creando danni alla sua reputazione; 6) OUTING: rivelare informazioni personali e riservate riguardanti una persona; 7) EXCLUSION: escludere intenzionalmente una persona da un gruppo on-line; 8) TRICKERY: ingannare o frodare intenzionalmente una persona.

A causa dell’intenso disagio, le vittime spesso si rifiutano di andare a scuola per il timore dei compagni e tendono a sviluppare dei sintomi come mal di testa, mal di pancia, ansia, incubi. Essere bullo per un periodo prolungato di tempo può rappresentare un fattore di rischio nello sperimentare fallimenti scolastici, perdita del lavoro in età adulta, povertà, ingresso nel mondo della tossicodipendenza e della criminalità. Chi rimane a lungo nel ruolo di vittima rischia di andare incontro a livelli di autostima sempre più bassi (“non valgo nulla”, “non sono capace di far nulla”), a forme di depressione che possono aggravarsi sempre di più, fino al suicidio.

In sintesi, è possibile affermare che a prescindere dal ruolo, che sia bullo o che sia vittima, chi prima chi dopo, sono tutti a rimetterci. Ecco perché, in un’ottica di intervento, si potrebbe far leva anche su questo oltre che su una conoscenza approfondita del problema. D’altronde si sa, l’arma più potente che abbiamo per combattere un annoso problema come questo si chiama prevenzione.

Dott. Danilo Selvaggio, Psicologo

Articolo apparso su Fuoriporta.info, luglio 2020