Il cancro è una parola, non una sentenza

Fino a pochi anni fa, quando si parlava di cancro si ponevano tutte le attenzioni sul paziente, trascurando quanto una tale patologia potesse essere invalidante e sofferente anche per gli altri membri della famiglia.

L’esordio del cancro rappresenta un evento familiare stressante per diversi motivi di ordine pratico poiché si impongono nuove esigenze e diversi cambiamenti: modifiche delle attività, difficoltà nella gestione del tempo, minore energia da dedicare agli altri membri della famiglia, maggiori responsabilità, nuova divisione dei ruoli familiari, problemi economici legati alle cure mediche e ai probabili mancati redditi. Oggi il cancro è considerato a tutti gli effetti una “malattia della famiglia”: già a partire dalla sola diagnosi, genera stress mobilitando le risorse di tutti i membri della famiglia.

Per capire meglio quanto questa malattia incida su tutta la famiglia, facciamo l’esempio in cui ad essere colpito da tumore sia il proprio figlio.

Quando due persone progettano di mettere al mondo un figlio, la loro preoccupazione è quella di crescerlo adeguatamente sotto vari aspetti e di non fargli mancare nulla; la coppia fantastica su come sarà forte e sano da adulto. Insomma, per il proprio bambino si immagina (e si spera) il meglio che si possa avere da questa vita. Di conseguenza, è facile intuire come il dramma dell’evento oncologico frantumi in un attimo tutte le certezze e i progetti precedentemente formulati, sostituiti da un senso di impotenza e da vissuti pieni di angoscia: i genitori, comprensibilmente, vorrebbero sostituirsi al figlio nell’esperienza della malattia, offrendo la propria vita se necessario. Inoltre, avere un figlio con tumore spesso influenza negativamente il rapporto coniugale: si finisce con il trascurare il proprio partner perché il dialogo di coppia si focalizza interamente sul figlio e la sua malattia, sacrificando i bisogni propri e del proprio partner.

Il bambino con il tumore, tra le varie conseguenze negative, sperimenta quella forse più difficile: recarsi in ospedale per le cure. <> vuol dire <> da quel “nido” (la sua famiglia) che per lui rappresenta il simbolo di sicurezza della propria vita. I propri spazi di intimità si riducono, i ritmi di vita si modificano (abitudini, attività sportive, scuola, uscite con gli amici…): nel bambino, e soprattutto nell’adolescente, si fa strada un’immagine di sé debole e fragile causata da una sostanziale perdita di autonomia. Tra l’altro, se il bambino viene tenuto all’oscuro della sua malattia oppure vengono date notizie contraddittorie e frammentarie, si rischia di peggiorare ulteriormente la situazione, portando il bambino a isolarsi o a favorire in lui un senso di colpa su tutto quello che sta accadendo alla propria famiglia.

La malattia oncologica ha forti ripercussioni anche sulle sorelline e i fratellini sani. Quando un figlio si ammala, le premure della mamma e del papà sono rivolte interamente a lui a discapito degli altri figli. Questo sbilanciamento di attenzioni fa in modo che il figlio sano si senta escluso e abbandonato dai suoi genitori, e questa situazione può provocare diverse reazioni. Ad esempio, un bambino sempre educato e obbediente potrebbe diventare aggressivo e maleducato, cercando in tal modo di ottenere inconsciamente più attenzioni dai suoi genitori. Oppure un bambino socievole e allegro, potrebbe incupirsi e chiudersi in sé stesso in quanto, sentendosi abbandonato e tradito dai genitori, andrebbe a percepire gli altri e, in generale, il mondo come altrettanto traditore e pericoloso.

Come prevenire e affrontare queste avversità? Come prenderci cura della nostra mente, oltre che del nostro fisico? Innanzitutto esprimendo le proprie preoccupazioni e angosce riguardo ciò che sta accadendo; l’ideale sarebbe rivolgersi a uno psicologo per poter meglio affrontare la situazione e gestire quella tempesta emotiva che accompagna un cancro, sia che riguardi la propria persona sia che riguardi una persona a noi molto cara. E, dato che il cancro è una malattia che colpisce tutti i membri della famiglia, sarebbe opportuno mantenere una comunicazione né frammentaria né contraddittoria, bensì chiara e adeguata alle diverse età, promuovendo il coinvolgimento di tutti senza escludere nessuno, che sia il partner o gli altri figli (per questi ultimi, ad esempio, aumentando il numero di visite ospedaliere, spiegar loro la situazione…).

La ricerca scientifica ci dice che avere uno stato emotivo positivo influenza positivamente il decorso della malattia, aumentando la probabilità di successo delle cure. In tutto ciò, il clima familiare può aiutare molto. Sconfiggere il cancro si può, perché, come diceva il giornalista John Diamond, “il cancro è una parola, non una sentenza”.

 

Dott. Danilo Selvaggio, Psicologo

Apparso su "Fuoriporta", mensile di ottobre 2018