Psiche e Covid-19: cosa ci dicono i primi studi?

In queste settimane si è ampiamente parlato del potenziale impatto psicologico dovuto sia alla quarantena vissuta sia all’idea stessa di un virus pericoloso in libera circolazione. Oggi iniziano ad arrivare i primi risultati di ricerche scientifiche che mettono nero su bianco quanto finora si era solo ipotizzato. La gran parte delle ricerche sono state realizzate sulla popolazione cinese, la prima a subire gli effetti deleteri di una tale situazione.

Ebbene, gli studi condotti finora circa le immediate reazioni psicologiche all’epidemia COVID-19 hanno riscontrato un impatto psicologico da moderato a grave nel 53,8% della popolazione intervistata. Nello specifico i partecipanti hanno riferito sintomi depressivi da moderati a severi nel 16,5% dei casi, sintomi ansiosi da moderati a severi nel 28,8% dei casi e stress da moderato ad elevato nell’8,1% dei casi.

Altri studi dimostrano che anche la condizione di quarantena è legata ad importanti effetti psicologici negativi, in particolare si segnalano disturbi post-traumatici da stress, confusione e rabbia.

La depressione da Covid-19 risulta strettamente correlata ad una protratta situazione di reazione di allarme e insicurezza (di tipo economica e sanitaria, per sé e/o i propri cari) che può facilitare in un secondo momento la comparsa di una sindrome da stress post-traumatico.

È fondamentale porre attenzione al rischio suicidario. I fattori che possono favorirlo sono una pregressa storia di episodi depressivi, la scarsa tolleranza rispetto alle misure di quarantena o di isolamento sociale, stato di solitudine e scarsi supporti sociali.

È stato inoltre riscontrato un incremento di oltre il 20% dei disturbi del sonno: significa che rispetto al periodo pre-pandemia circa un milione di italiani in più soffre d’insonnia (difficoltà ad addormentarsi e/o a mantenere il sonno con frequenti risvegli; risveglio precoce al mattino).

Per quanto riguarda la popolazione pediatrica, si riscontrano una serie di preoccupazioni, paure, pianto, irritabilità, comportamenti disadattivi. Il disturbo post-traumatico legato alla quarantena è presente nel 6,2% dei bambini. L’età adolescenziale-giovane adulta (16-24 anni) è addirittura considerata uno degli elementi di rischio nei confronti degli esiti psicologici della quarantena, soprattutto se associata a scarsa informazione e comunicazione. Tra i fattori di rischio dobbiamo considerare anche l’eventuale storia di pregressa malattia psichiatrica: in questi casi le crisi di ansia e di rabbia sono persistenti fino a 4-6 mesi dopo la conclusione della quarantena.

Questo articolo non vuole essere una semplice accozzaglia di numeri allarmanti, ma un chiaro contributo basato su dati oggettivi che aiuti chiunque si trova in difficoltà a comprendere che non è il solo a sperimentare dolore, confusione, smarrimento o qualcuno dei sintomi qui esposti. Ma che, anzi, è un quadro che condivide con molte più persone di quel che si immagini.

La salute della nostra psiche è fondamentale: essa è il bene più importante che ognuno di noi possiede. Non trascuriamola.

dott. Danilo N. Selvaggio

Articolo apparso sul sito fuoriporta.info mese giugno 2020

 

Bibliografia di riferimento

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