Psicologia del Bullismo

È da ormai quattro anni che nel mese di febbraio si celebra la Giornata Nazionale contro il Bullismo. Il Bullismo è una forma di violenza dove il più debole subisce il comportamento aggressivo del più forte in modo ripetuto nel tempo. Le azioni offensive possono essere di tipo verbale (offese, minacce, ingiurie), e/o di carattere fisico (spintoni, calci, schiaffi). C’è poi una forma di bullismo più subdola, di tipo psicologico, caratterizzata dalla presenza di vere e proprie offese sul piano personale che intendono ferire la vittima nei suoi punti più deboli (orientamento sessuale, problemi fisici…).

Il bullo è popolare nel gruppo, con un’apparente autostima esagerata. La vittima ha una scarsa autostima, poco sicura di sé con un ruolo marginale nel gruppo. Durante gli atti di bullismo, maggiore sarà il numero di persone coinvolte, minore sarà il senso di colpa di ciascuno poiché all’interno di un gruppo si verifica una riduzione della responsabilità individuale, tale per cui anche gli studenti non aggressivi possono essere tentati dal partecipare ad episodi di bullismo.

Le ricerche sulle variabili psicologiche all’origine del bullismo descrivono il fenomeno come espressione di un disagio psicoevolutivo: il bullo manifesta con i suoi comportamenti una grave ed ingestibile conflittualità interna, mostrando una scarsa resilienza nei confronti delle situazioni spiacevoli vissute in età infantile.  Il proprio senso di insicurezza si traduce nell’usare l’altro, in tal caso la vittima, per emergere e per generare un’affermazione di sé stessi. Alla base di tutto questo ci sarebbe uno stile di attaccamento insicuro con la madre.

Generalmente la famiglia del bullo è caratterizzata da un modello genitoriale di tipo aggressivo, freddo, incapace di imporre una disciplina. I fattori di rischio familiari sono essenzialmente tre: 1. La mancanza di calore e coinvolgimento emotivo da parte delle figure genitoriali e in particolare della madre; 2. stile educativo permissivo e lassista, che non limitando i comportamenti aggressivi favorisce le manifestazioni di aggressività; 3. l’uso coercitivo del potere da parte dei genitori, espresso con punizioni fisiche ed “esplosioni” emotive.

Se da un lato scuola e famiglia sono i principali ambienti in cui si manifesta il bullismo, dall’altro esse rappresentano i più importanti gruppi di socializzazione utili a prevenire tale fenomeno. Ecco perché si rende sempre più necessaria un’educazione ai sentimenti e alla convivenza, che deve iniziare in famiglia per essere poi perseguita anche a scuola. Un bambino che parla, si confronta, riflette fin da piccolo con i suoi genitori su emozioni, sentimenti e stati d’animo legati ad eventi sarà un adulto capace di provare e riconoscere emozioni e sentimenti in sé stesso e negli altri.

Dott. Danilo Selvaggio, Psicologo

Apparso sul mensile "Fuoriporta" - febbraio 2020